Aveva instaurato una serie di contatti per “appropriarsi” dell’isola di Ortigia. E lo avrebbe detto a chiare lettere in un summit che si sarebbe tenuto nel 2020, in pieno periodo di pandemia da Covid, in una cella della casa circondariale di Cavadonna. Orazio Scarso, in passato vicino al clan Bottaro-Attanasio dal quale avrebbe deciso di allontanarsi, non avrebbe perso tempo e, terminato il 16 giugno 2020 il lungo periodo di detenzione, si sarebbe messo all’opera per organizzare un nuovo gruppo la cui zona d’interesse sarebbe stata proprio Ortigia. Questo e tanto altro emerge dalle indagini eseguite dai carabinieri, nell’ambito della recente operazione antimafia, che hanno riscontrato le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Francesco Capodieci e dall’ex Giampaolo Giaquinta. Quest’ultimo, rendendo dichiarazioni al pubblico ministero aveva riferito al magistrato di avere saputo che il sindaco fosse “spaventato dal gruppo di Ortigia” che pretendeva “autorizzazioni per potere svolgere determinate attività turistiche quali motoape, taxi e i permessi per il suolo pubblico accanto ai chioschi che gestiscono”, con tanto di post sui social di apprezzamento quando tutto fosse andato a buon fine.
Secondo quanto raccontato dai pentiti, Scarso avrebbe dato ordine di non usare più le armi per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine mentre le “lezioni” avrebbero dovuto limitarsi al massimo a “dare legnate”. Per gli inquirenti, Scarso si sarebbe accerchiato di persone fidate come Claudio Guzzardi, Andrea Sapienza e il nipote Cristian Fontana, per i quali è scattata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere mentre per altre ventidue persone il Gip del tribunale di Catania, Ottavio Grasso, ha rigettato ogni tipo di misura cautelare chiesta dalla Procura distrettuale antimafia di Catania, rimanendo, però, indagati a piede libero.
I carabinieri e la guardia di finanza sono partiti dalla considerazione che, in coincidenza con il ritorno in libertà di Scarso è stata registrata una recrudescenza di reati “finalizzati ad ottenere il pieno controllo del territorio all’interno dell’isola di Ortigia”. L’attività investigativa avrebbe confermato “l’esistenza di una frenetica attività volta al controllo del settore delle estorsioni e del recupero crediti, anche mediante la realizzazione di eclatanti atti intimidatori, nonché a dotarsi delle armi necessarie a rafforzare il proprio dominio sul territorio”.
Per dare una dimostrazione di forza, il gruppo avrebbe compiuto un gesto simbolico nel novembre 2021 in occasione dell’incontro di calcio Siracusa-Acicatena, rimuovendo uno striscione dalla curva dello stadio De Simone, riconducibile ad un presunto esponente della criminalità siracusana, per appenderlo al contrario in Ortigia, sancendo “l’ascesa di una nuova trama criminale, in cui Orazio Scarso aveva il ruolo di protagonista principale in ambito criminale, al pari di altri nomi che nella città si dividevano i quartieri e quindi gli interessi illeciti”.
Tra gli episodi violenti quello accaduto il 9 febbraio 2021 ai danni di un uomo che è stato picchiato e prelevato di forza in via Ruggero Settimo in Ortigia solo per avere avuto una discussione per il parcheggio dell’automobile con uno storico componente del clan Bottaro-Attanasio, che si sarebbe rivolto al gruppo per dare una lezione all’automobilista che intralciava l’uscita dal parcheggio della sua auto. Aggressioni e pestaggi che sarebbero stati alla base di altri episodi legati di estorsione e al recupero crediti. Tra questi, la vicenda nella quale sono stati coinvolti due medici, uno in servizio all’Asp di Siracusa, l’altra in una clinica privata del capoluogo, attorno alla vendita di un’automobile. Il medico donna, dopo avere inutilmente cercato di risolvere la questione della restituzione di un somma di circa 30mila euro per l’acquisto di una vettura mai ottenuta, si sarebbe rivolta al gruppo di Ortigia recandosi all’appuntamento in Ortigia accompagnata dal medico dell’Asp. L’intervento di Scarso avrebbe consentito di requisire al debitore la Mercedes Classe A su cui viaggiava in attesa che si recuperasse l’intera somma.
L’indagine ha permesso di accertare che in alcuni ambiti l’influenza dell’associazione mafiosa era stata capace di muoversi oltre i ponti di Ortigia. Uno dei settori era quello legato alle aree di vendita assegnate ai venditori ambulanti, autorizzati e noi.
Gli inquirenti avrebbero accertato la capacità del gruppo di infiltrarsi e di avere rapporti con alcuni appartenenti alla polizia municipale. Due di loro, finiti nel registro degli indagati, avrebbero “soffiato” nel 2021 a Scarso e Guzzardi un imminente controllo dei carabinieri in modo da sottrarsi ai controlli amministrativi nei confronti dei conduttori di Apecalessini. All’indomani di quell’operazione, Scarso, parlando al telefono con un interlocutore, avrebbe riferito che “I confidenti l’avemo boni”. L’attività di indagine ha permesso di aprire uno spiraglio su tale microsistema svelando molteplici interessi sul particolare settore la cui resa economica era stimata dagli addetti ai lavori in importi che 155 vanno da 20mila a 40mila euro a stagione per ciascun veicolo. “Ciò generava attriti tra i soggetti autorizzati e quelli abusivi, oltre a opprimenti imposizioni economiche da parte del clan. E proprio tale duplice aspetto, legato appunto alle concessioni amministrative ed alle estorsioni imposte agli operatori, emergeva nel corso dell’attività di indagine a carico degli indagati”. L’egemonia su Ortigia relativamente alle dinamiche legate all’attività delle api calessino, sarebbe avvenuta non solo con l’imposizione economica ma anche con un atteggiamento ostile verso gli autorizzati e, soprattutto, con chi esercitava l’attività attendendo i clienti in Piazza Pancali, laddove il clan aveva eletto il proprio quartier generale e dove a loro volta ingaggiavano i turisti/clienti.